Signor Ministro,
Il presidente della Regione, Mario Oliverio, ha riunito pochi giorni fa sindaci ed operatori della sanità calabrese per lanciare, ancora una volta, l’allarme in cui versa la sanità calabrese. Non è la prima volta. E’ frequente in Calabria il ricorso ad iniziative pubbliche per denunciare la violazione del diritto dei calabresi ad essere curati al pari dei cittadini del nord.
Come è a Lei noto, il Governo precedente, proposto dell’ex ministro Giulia Grillo, ha emanato un decreto che ha estromesso nei fatti la Regione Calabria dal potere di nomina dei di direttori generali delle aziende sanitarie. Dopo tre mesi dall’entrata in vigore i commissari non si sono insediati e le aziende sono senza guida e allo sbando.
Credo, però, e lo dico con rispetto verso chi riveste ruoli istituzionali a Roma e in Calabria, che il tempo della protesta sia abbondantemente scaduto e le soluzioni vadano trovate attraverso un franco confronto politico e di merito nei luoghi istituzionali.
La Calabria ha firmato il piano di rientro a dicembre del 2009, per precisa volontà politica dei governi nazionali e regionali di centrodestra è stata commissariata a luglio del 2010.
I dati di partenza erano: deficit annuale di 250 milioni di euro a fronte di un fondo sanitario regionale di 3,1 miliardi di euro e i LEA fermi a 88 punti.
Dal 2014 le sorti della sanità calabrese sono affidati ad un commissario e un sub commissario nominato dal Governo su proposta del Suo ministero di concerto con il dicastero dell’Economia.
Tra il 2010 e il 2014 i poteri commissariali erano in campo al Presidente della Regione.
In quegli anni attraverso il blocco del turnover, la riconversione di 18 ospedali.
Ad oggi i risultati sono disastrosi. Nella tabella sottostante trova i dati economici espressi in milioni di euro.
Le scelte fatto con il piano di rientro si sono rilevate inefficaci. Il blocco del turnover ha inciso negativamente sulla qualità dei servizi offerti e, cosa più grave, reparti di strutture pubbliche, che davano risposte importanti in termini di risposte di diagnosi e cure, sono stati penalizzati. Il risultato è stato che mentre da un lato si tagliavano i costi e si riduceva il deficit, dall’altro sempre più cittadini calabresi sono stati costretti a curarsi fuori, non solo nelle strutture del Nord ma anche in quelle delle regioni limitrofe.
Questo grafico evidenzia l’effetto sulla mobilità passiva delle misure del piano di rientro.
Come è a Lei noto, con la finanziaria 2015 il Governo Renzi varò una norma che introdusse l’incompatibilità tra il ruolo del Presidente della Regione e quello di Commissario. Tale norma nel 2017 fu abrogata, e mentre in Campania i poteri tornarono in capo al presidente della Regione, per la Calabria si è deciso di soprassedere. Anzi con il “Decreto Calabria” addirittura è stato tolto al presidente il potere di nomina dei direttori generali. Un vulnus che ancora oggi non ha motivazione politica. Estromettendo il presidente Oliverio dall’assunzione di oneri ed onori nel rimettere ordine nel servizio sanitario calabrese, si è fornito un alibi allo stesso governatore, alla Calabria e si è continuato a generare conflittualità a discapito dei cittadini. Queste scelte, del governo Renzi e Gentiloni, nulla avevano a che fare con gli interessi dei cittadini calabresi. Di fronte a tutto questo la politica e soprattutto il Pd calabrese ha preferito restare a guardare. Ed è inutile fare filosofia sulle reali capacità di Oliverio ad organizzare la sanità, solo chi viene messo nelle condizione di agire fa e può essere giudicato.
E’ certo, però, che fin dal 2015 il Presidente della Regione avrebbe dovuto tracciare un altro percorso politico-amministrativo alternativo, che quasi sicuramente avrebbe portato ad uno scontro giurisdizionale con i “governi amici”. Le rassicurazioni dei vertici del Pd nazionale e regionale, la mancanza di lealtà e lo sgarbo istituzionale, invece, hanno disarmato il presidente della Regione con le conseguenze che oggi vediamo.
Sull’efficacia dei piani di rientro e dei commissariamenti, si nutrono, diffusamente, molti dubbi, al punto che è stato avviato un lavoro per una revisione. Del resto, dopo quindici anni dall’introduzione, solo 3 Regioni su 10 sono tornate al regime ordinario. Così come si sta dimostrando un bluff il “Decreto Calabria”, voluto dalla ex ministra Grillo. Seppure resta condivisibile l’obiettivo di mettere ordine nella disastrata sanità, l’efficacia è tutta da dimostrare perché dei 18 mesi di efficacia ne sono giù passati quattro e siamo alla paralisi totale. Ciò significa, che lo strumento utilizzato probabilmente non è efficace. Una profonda revisione è necessaria, seppure è apprezzabile l’articolo 5 che prevede l’amministrazione straordinaria per quell’aziende che presentano gravi irregolarità amministrativa come l’Asp di Reggio.
Oggi Ministro, serve poco continuare a dire che in Calabria mancano 4000 medici visto che la carenza è generale, tanto che non si trovano pure in Lombardia. Così come è evidente che la sanità calabrese, così come è stata organizzata 30 anni fa, ha costi insostenibili e presenta enormi sacche di inefficienza.
Quello che la politica ancora non ha compreso, mentre lo sanno benissimo quei tanti medici che operano ogni giorno in prima linea, che la strada da percorre è solo una: occorre una profonda riforma del sistema sanitario calabrese. Di questo si devono fare carico le istituzioni e in primo luogo la Regione e il Suo Ministero.
Lo strumento giuridico per uscirne è indicato nella finanziaria del 2010, che dà la possibilità alle regioni, in piano di rientro e commissariate, di rinegoziare il Piano. Questo percorso non può essere la riproposizione di quanto accaduto nel 2004, quando il consiglio regionale decise di revisionare il piano sanitario. Oppure nel 2007, quando si decise di accorpare le 11 Asl in 5 Asp, senza alcuna valutazione d’impatto sui servizi e sui costi. Quelle non sono state riforme (ne sono stato testimone), ma scelte dettate da contingenze politico/elettorali.
Già nel 2015 si doveva prendere atto del fallimento del Piano di rientro, così come concepito, ed essere consequenziali. Bisognava smontare l’attuale offerta sanitaria, partendo da un piano epidemiologico capace di analizzare i reali fabbisogni di salute per ridisegnare una nuova offerta di servizi, mettendo da parte interessi di contingenza elettorale. Nulla di ciò è stato fatto.
Sono passati 9 anni dalla firma del piano di rientro, a tempo abbondantemente scaduto, è arrivato il momento di agire.
Da mesi, un gruppo di persone (competenti) ha tracciato, dal basso, le linee guida per riformare la sanità. Il lavoro nasce dal un libro, scritto da Rubes Curia, già dirigente del Dipartimento Salute della Regione Calabria che, partendo dalla sua esperienza sul campo, ha provato ad analizzare i problemi e a trovare soluzioni. Quel libro ha attivato un lavoro sul campo coinvolgendo associazioni che operano nel campo della salute, un percorso che ha costruito una “comunità competente” che può essere coinvolta in un lavoro più ampio di costruzione della riforma sanitaria.
Un documento è stato già illustrato e consegnato il 16 luglio al presidente del Consiglio Regionale Nicola Irto, e il 7 agosto al Commissario per il piano di rientro, Saverio Cotticelli. Si è inattesa ancora di un incontro con la Regione a cui il documento è stato già inviato.
(scarica il documento)
Resta inteso che la persistenza del Commissariamento è incompatibile con la riforma, ed essendo la Regione in piano di rientro, è necessaria la condivisione del governo nazionale. Per questo motivo è necessario elaborare e presentare al Suo Ministero e al ministero dell’Economia, un nuovo piano di rientro secondo le normative di legge. Tale piano deve contenere le riforme, come il superamento degli ospedali Hub e Spoke e l’istituzione delle tre aziende ospedaliere (Aso) e delle tre Aziende territoriali (Ast) e uno stringente cronoprogramma attuativo (vedi grafico)
Solo dopo l’approvazione da parte del Governo, il Consiglio Regionale potrà riappropriarsi dei poteri legislativi.
Per portare avanti un piano siffatto, occorre autorevolezza, credibilità di chi rappresenta le istituzioni e cultura del fare da parte di chi sarà chiamato ad attuarlo.
Signor Ministro, la sanità in Calabria ha toccato il fondo, le responsabilità sono principalmente del governo centrale che da 2014 esercita in maniera esclusiva i poteri commissariali. Ora non è il tempo delle recriminazioni, ma è il momento delle risposte. Confidiamo in una sua azione politica e istituzionale che possa ripristinare in Calabria il diritto di cittadini a curarsi nella propria terra.
Adriano Mollo